La recente ricaduta pubblica tra la deputata Marjorie Taylor Greene e l’ex presidente Donald Trump non è semplicemente una faida personale; è uno scontro sui principi fondamentali all’interno del movimento MAGA stesso. Greene, nota per le sue dichiarazioni controverse e il convinto sostegno a Trump, ha apertamente sfidato la sua riluttanza a pubblicare completamente i file di Jeffrey Epstein, annunciando di conseguenza la sua prevista partenza dal Congresso nel 2026. Questo non è un tradimento del MAGA, come alcuni suggeriscono, ma piuttosto un tentativo disperato di spingere Trump verso quelle che percepisce come le vere priorità del movimento.
Il punto di rottura: file Epstein e lealtà
Il conflitto si è intensificato quando il Congresso si è mosso per approvare un disegno di legge che imponeva il rilascio dei file Epstein, con Trump, secondo quanto riferito, esitante. Greene, un sostenitore esplicito delle vittime, si fece avanti, disposto a rischiare di alienare l’ex presidente. Trump ha risposto denunciandola pubblicamente come “stravagante” e “traditrice”, revocando il suo sostegno e segnalando una preferenza per alleati più compiacenti. Greene ha risposto al fuoco, accusando Trump di abbandonare la propria base e di essere influenzato da forze che, secondo lei, tradiscono l’agenda del MAGA.
Interpretazioni errate e opportunismo politico
Il dramma ha prevedibilmente alimentato le reazioni della sinistra. I democratici, tra cui Hakeem Jeffries e Alexandria Ocasio-Cortez, hanno colto l’attimo, inquadrando la sfida di Greene come una potenziale crepa nella coalizione MAGA. Alcuni addirittura suggeriscono un possibile spostamento verso il Partito Democratico. Tuttavia, questo trionfalismo non riesce a raggiungere il bersaglio. Le azioni di Greene non riguardano la conversione ideologica; derivano da una convinzione più profonda che Trump sia stato fuorviato.
Il nocciolo della controversia: i principi MAGA
Le recenti dichiarazioni di Greene rivelano un impegno nei confronti dei principi fondamentali del MAGA: America First, confini sicuri, politica estera non interventista e protezione della libertà di parola. Sostiene che Trump si è allontanato da questi principi, citando i continui aiuti esteri, la riluttanza a porre fine alle guerre e l’allineamento con gli interessi dell’establishment. I dossier Epstein sono diventati il punto critico perché ritiene che il loro rilascio sia cruciale per ripristinare la fiducia e la responsabilità.
Una resistenza finale?
Greene ha ripetutamente sottolineato la sua incrollabile lealtà a Trump e al movimento MAGA, anche se critica la sua direzione. Accusa l’establishment repubblicano, i media conservatori e gli interessi speciali di corrompere la sua agenda. La sua decisione di dimettersi suggerisce la convinzione che la sua influenza all’interno del sistema sia esaurita e che le forze che circondano Trump siano troppo radicate per poter prevalere.
“Amo Donald Trump e posso dire queste cose perché lo amo così tanto… posso dire quando le cose vanno male e quando vanno male.”
Questo sentimento racchiude la sua frustrazione: si considera una vera credente che lotta per mantenere Trump sulla buona strada, ma alla fine conclude che la battaglia è impossibile da vincere. La vecchia alleanza MTG-Trump è finita e un secondo atto appare improbabile.
La rottura non riguarda un cambiamento di opinione ma un tentativo disperato di salvare ciò che Greene percepisce come l’autentica visione MAGA. Resta da vedere se questo rimodellerà il movimento, ma la frattura tra queste due figure segnala una lotta ideologica più profonda all’interno della destra.







































